I bambini giocano ancora tra le rovine di Jacmel - Marco Sacchetti
JACMEL (HAITI) - Il medico Harry Joliecoer, che opera nella zona di Jacmel, Cyvadier e Cayes-Jacmel, sostiene che il numero ufficiale dei deceduti, vittime del terremoto, non supera le 350 unità, ma che potrebbero aumentare, mentre si contano circa un migliaio di feriti e almeno 3.000 senza tetto. L'ospedale San Michel è rimasto lesionato e straripa di pazienti. «La zona è stata devastata al 60-80%», avrebbe riferito il responsabile del governo sul posto, Zidor Fednel, ma forse e fortunatamente le percentuali sono più basse e meno catastrofiche anche se due quartieri poveri verso l'uscita della cittadina sono stati fortemente colpiti. Di fatto, da ciò che si vede in giro a una settimana dall'inizio della tragedia, gli effetti distruttivi del sisma hanno compromesso non più del 30/40 per cento dell'intera area urbana e costiera. Da giornalista free lance, impropriamente definito «superstite» dai media, stavo realizzando in questi ultimi mesi, un lungo documentario su Jacmel, vista dal suo lato artistico e religioso. Ora mi trovo a ripercorrere e dover documentare lo sfacelo architettonico dei crolli e degli scrostamenti: del municipio tutto bianco nella piazza col belvedere, di cui e danneggiata tutta l'ala sinistra e i portici d'ingresso (colonne sbriciolate). Nella stessa piazza la casa tutta storta, «Hotel Mannoir Alexandra», immortalata da tutti i fotografi e turisti passati da qui, ha decine di crepe laterali, il tetto sventrato e le tipiche finestre di legno bianche e verdi sconquassate. La piazza è silenziosa sotto il sole, alcune tendine igloo bianche e rosse sponsor Digicel ospitano alcune famigliole di senza tetto. Il mezzobusto bronzeo di Toussaint L'Ouverture davanti alla ringhiera della terrazza panoramica è ancora al suo posto, ma poco distante, ai piedi di una scalinata si ammassano i resti di un edificio azzurro a tre piani, sede di una radio-televisione locale, completamente spiaccicato su una collinetta, in un groviglio di cavi spezzati e parabole sconnesse penzolanti dal tetto in briciole. La piazza del mercato davanti alla Cattedrale scrostata di San Jacques brulica nuovamente di marchandes sudate, accovacciate che vendono frutta, verdura, scatolame, casalinghi, farine legumi, spezie, con le solite accanite contrattazioni, come se niente di così atroce fosse mai accaduto. L'elegante Hotel Cyvadier, ha subito gravi danni: è franata un'intera ala di abitazioni affacciate sulla piscina e parte della terrazza-ristorante-cyber café. Bernard Gastine, ex campione francese di ciclismo dilettantistico, poi divenuto professore di arte plastica (ha insegnato anche al Fosaje) ora sessantenne, studioso di botanica, da dieci anni vive solo a Jacmel e commenta: «È catastrofico per la ricostruzione di alcune zone: Rue Saint Anne, Rue de Commerce, Hotel Florita, la cui sala dell'internet café già non esiste più... Milioni di dollari e molti anni ancora per ricostruire, rispettando i canoni estetici... Un danno incommensurabile!». Stamattina, Bernard, lascia il suo mare terapeutico, la sua casa di Cyvadier circondata da una folta vegetazione e una piccola serra di piante curative e con l'angoscia nel cuore monta su un elicottero per Port-Au-Prince, rimpatriato insieme ad altri connazionali francesi e poi se ne resta a Martinica aspettando di poter tornare quando la situazione sarà meno problematica e ci saranno meno delinquenti ed evasi a piede libero. «La gestione del potere e del denaro a Jacmel rispecchia problematiche dipartimentali a volte incomprensibili. I jacmeliani sono un po' affaristi ma allo stesso tempo hanno un'attitudine molto mistica e devota, come se fossero sempre in attesa di una mano dal cielo... Insomma un bipolarismo vivace, che rimescola nei comportamenti sociali e individuali, materialismo e misticismo». I jacmeliani, con la loro fierezza rilassata, si sono rimboccati le maniche, hanno riaperto tutti i mercati all'aperto e i pochi negozi che avevano ancora delle scorte, dopodiché aspettano (come tutti) la riapertura delle banche e degli uffici di cambio, dei Money Gram, degli Western Union, delle rimesse dei parenti della diaspora sparsi in tutti gli emisferi. Haiti è tra gli ultimi avamposti «de lo Real Maravilloso Caribeño» dove fatalismo e fanatismo s'intersecano in un unico rituale collettivo. C'è un colloquio costante con le energie soprannaturali che determinano la furia degli elementi. L'infausta dichiarazione dell'ambasciatore brasiliano che demonizzava le pratiche voodoo interpretando l'evento terremoto come un castigo di Dio, dovrebbe far riflettere. Il culto dei Loas e/o Orishas, è frutto del sincretismo e della transculturazione degli «schiavi liberti», legittimi figli di «Congo e Carabalì», del Niger e del Senegal, o afrodiscendenti, convinti proprio del contrario: è proprio in luoghi dove la devozione cristiana, cattolica, battista e volendo anche voodoo (nel senso di religione Yoruba degli afrodiscendenti o Santeria) che «Le Bon Dieu» sceglie di mettere a dura prova la tenacia e la fede dei suoi credenti. Passa un tap tap sovraffollato da un grappolo di cristiani arrampicati fin sul tetto con tutti i loro averi, forse arrivano da Marigot ... Sopra al lunotto la scritta: «Perseverance». Molti stanno scappando dall'inferno di Port au Prince e chi ha famiglia o amici qui a Jacmel tenta di raggiungerli, se non altro per non morire subito di fame ed epidemie. Sicuramente il Carnevale quest'anno verrà sospeso anche a Jacmel, dove naturalmente è già iniziata un'attività esoterica molto intensa. Il terremoto di Haiti ha mietuto molte personalità, come il titolare della Giustizia, Paul Denis ed artisti, tra cui lo scrittore-giornalista ed esponente dell'opposizione Michel Gaillard. Un'altra vittima a Jacmel, giovane direttore della scuola d'arte Fosaje, rimasto sotto le macerie dell'Hotel Peace of Mind (a Cyvadier), dove si era recato per stampare un documento da internet, è il 36enne Flo McGarrell. Nato a Roma nel 1973, era un abile promotore artistico e aveva fatto tantissimo per promuovere internazionalmente la scuola e i pittori di talento come Prince Luck, il rasta Ambroise Anderson, che vaga sconvolto in cerca della madre dispersa, Garibaldi Jean a cui è crollata una casetta appena presa in affitto di fronte alla spiaggia per farci uno studiolo e vendita diretta dei suoi quadri. Molti lo chiamavano «l'ermafrodito» e lui ci scherzava sopra, travestendosi e truccandosi con brillante e tollerata eccentricità. Amava la cucina italiana e veniva spesso alle serate artistiche organizzate al Piano Piano Bar di Cyvadier dal nostro connazionale e amico giornalista Francesco Fantoli, brutalmente assassinato a Port au Prince lo scorso 5 dicembre dalla banda dei motociclisti-rapinatori. Intanto è in arrivo una nave della «Marina de guerra Dominicana», al porto di Jacmel, carica di aiuti, medicinali, generi di prima necessità. La notte continua, il mare si è un po' calmato, in pochi mettono il naso fuori di casa in queste sere. Si temono attacchi di bande armate, si vigila, si attende ascoltando alla radio le notizie lugubri dalla capitale dell'orrore. Ma il mare è stato clemente ha risparmiato tante vite di bambini che non sanno nemmeno nuotare anche se sono capaci di raccogliere le stelle marine nascoste nella sabbia camminando in verticale nell'acqua a testa in giù... Il tramonto a Timouyage è struggente, è quasi buio ma i ragazzini seminudi, continuano l'ennesima partitella di pallone, correndo scalzi e liberi sulla rena umida, senza nemmeno un minuto di raccoglimento (non serve) per commemorare le vittime della loro comunità, ma il raccoglimento lo percepisci guardandoli giocare, più concentrati del solito, silenziosi e precisi nelle triangolazioni e nei tiri in porta. Forse con gli aiuti arriveranno anche dei nuovi palloni da football? I bambini di Jacmel sono quasi tutti salvi perché fortunatamente erano appena usciti dalle loro scuole che ora non ci sono più e mentre sperano di tornarci sentono anche loro radio e tv , e alcuni già chiedono a «noi banchi»: «Ma quando arrivano i marines di Monsieur Obamà?»
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