Checco mi porto' orgogliosamente questo DVD, che aveva realizato per conto dell'Unione Europea.
E' diviso in tre parti, nell'ultima, i credits.
Lui Figura come "Reyalizate'",
testo del suo amico Clarence Renois.
Day Robertho Isaac "directe' pwodicsyon".
Prima parte
Seconda parte
CREDITS
domenica 31 gennaio 2010
venerdì 29 gennaio 2010
Rara foto di Checo in Messico: la cassiera
Altro ritrovamento mitico: la foto ritrae Checco nel suo lavoro nuovo di zecca: LA CASSIERA, come lui stesso la intitolo'.
Doveva essere il 2004, quando se ne dovette andare di corsa da Haiti, o forse era prima ancora di comprare il terreno...
In ogni caso era in Messico, a Plan de Catorze...
Doveva essere il 2004, quando se ne dovette andare di corsa da Haiti, o forse era prima ancora di comprare il terreno...
In ogni caso era in Messico, a Plan de Catorze...
Ritrovato foto della mitica jeep ROSSA di Checco
Ritrovamento che mi ha riempito di allegria, una foto che mi mando' Checco quando si compro' la jeep: lui minimizzava, ma era orgogliosissimo...
La nuova Jeep di Checco al Virtual Piano Piano Bar
Una cosa che tormentava Checco, e che in definitiva e' stata la causa della sua morte, era la jeep.
Senza fuoristrada era fottuto, e la sua jeep rossa era allo stesso momento fonte di orgoglio e di frustrazione.
Al Virtual Piano Piano abbiamo preso due Jeep, nuove di zecca: una Rossa, riservata a Checco, ed una Nera, monster, per gli amici.
Approfittatene!
Senza fuoristrada era fottuto, e la sua jeep rossa era allo stesso momento fonte di orgoglio e di frustrazione.
Al Virtual Piano Piano abbiamo preso due Jeep, nuove di zecca: una Rossa, riservata a Checco, ed una Nera, monster, per gli amici.
Approfittatene!
Marco Sacchetti: Jacmel, la 17a notte
JACMEL: Night 17th-
Prima luna piena scintillante del post-terremoto, fruscio del mare sulla scogliera di Cyvadier, rotto solo dalle pale di uno scuro elicottero US Navy, che sfreccia in controluce bassissimo sul terrazza del Piano Piano Resto...Non è Apocalypse Now, mixato con la luna di Thriller, è solo il purgatorio di Haiti, visto da un'oasi di resistenza, solidarietà e devozione.
Forse ripiove, come ieri e l'altro ieri notte e il materasso tremerà per qualche altra manciata di secondi e i bambini della tendopoli prenderanno umido e dormiranno scomodi, ma non sepolti vivi. Il generatore è quasi a secco, ma c'è la corrente riattaccata da poco e un bel segnale in parabola per navigare nel bananeto...Il Baron De Barbancourt ispira e consiglia di restare, ancora un pò, en form...Buonanotte Chupy, Buenas Noches Cuba!
Forse ripiove, come ieri e l'altro ieri notte e il materasso tremerà per qualche altra manciata di secondi e i bambini della tendopoli prenderanno umido e dormiranno scomodi, ma non sepolti vivi. Il generatore è quasi a secco, ma c'è la corrente riattaccata da poco e un bel segnale in parabola per navigare nel bananeto...Il Baron De Barbancourt ispira e consiglia di restare, ancora un pò, en form...Buonanotte Chupy, Buenas Noches Cuba!
giovedì 28 gennaio 2010
Marco Sacchetti: JACMEL : Operazione "Mano Amiga" (10-16th Day)
Facebook | Marco Sacchetti: JACMEL : Operazione "Mano Amiga" (10-16th Day)
JACMEL : Operazione "Mano Amiga" (10-16th Day)
Oggi alle 19.04
Jacmel: operazione “Mano Amiga”
A Jacmel gli aiuti arrivano dal mare, grazie alla “Marina de Guerra” della Repubblica Dominicana.
Molto poco si è parlato del lavoro preziosissimo, tempestivo e silenzioso svolto in in questa seconda settimana di terremoto, grazie al ponte marittimo istituito dalla Marina Dominicana tra i porti di Barahona, Cabo Rojo e Jacmel. Dal pomeriggio di lunedì 18 è partita l’operazione umanitaria “Mano Amiga”, coordinata personalmente dal Contrammiraglio Aquilino María Melo Comandante del Comando Navale Sud e dal Governatore della Provincia di Pedernales, Sr. Francisco Alberto Jiménez.
La prima unità a raggiungere Jacmel nel pomeriggio di lunedì 18 è stato il cacciatorpediniere “Patrullero Mediano Capotillo PM-204”, che ha scaricato 60 tonnellate di aiuti umanitari diversi, tra cui: acqua potabile, kit di sopravvivenza (red bags) per tutte le famiglie colpite dalla catastrofe e i primi 47 volontari giunti via mare, di cui 45 francesi e due cileni, molti dei quali appartenenti al Corpo dei Pompieri e al Corpo Mondiale di Soccorso Internazionale per Aiuti d’Emergenza, la cui missione è stata allestire un ospedale da campo e di primo soccorso per i feriti meno gravi. Poco dopo e nei giorni successivi giungevano altre unità 4 navali: il Cacciatorpediniere “Patrullero Mediano Capotillo” (PM-204), le tre fregate Guardiacoste Bellatrix, Canopus e Orion CC-106, (GC-107 e GC-109), insieme alla “Lancha Rápida” Atria LR-157 (motovedetta) che rispettivamente, avevano trasportato ben 93.5 tonnellate di aiuti umanitari in territorio haitiano. Gli equipaggi e il carico venivano ricevuti da rappresentanti di una ONG inglese, che si dedica agli aiuti per l’infanzia. Secondo le misurazioni fatte dalla Marina Dominicana, l’attracco di Jacmel presenta un pontile lungo circa 170 piedi (51,816 m.) con un fondale di circa 18 piedi (circa 5,5 m.) ed è risultato più che idoneo allo svolgimento delle operazioni di scarico e trasbordo.
Cabo Rojo, nella provincia di Pedernal, è il centro di coordinamento per gli aiuti da inviare a Jacmel. Il Viceammiraglio Homero Luis Lajara Solá (DEMN) Capo di Stato Maggiore della Marina da Guerra, vi ha stabilito il suo comando, da dove personalmente supervisiona tutti i movimenti marittimi (ricezioni e spedizioni) e il flusso di merci e generi di prima necessità destinati ad Haiti, (dalle banane al latte in polvere, riso e farine; dalla cioccolata ai biscotti, ai sanitari, etc.) in seno all’Operazione “Mano Amica”.
Nel frattempo, per via terrestre, veniva inviata una colonna di veicoli leggeri e pesanti, tra cui un’ambulanza attrezzata e un notevole quantitativo di medicinali. Nel Porto di Barahona infatti è stato allestito un altro coordinamento che permetta a unità navali di altre nazioni, di poter salpare direttamente per Jacmel e inviare aiuti verso la capitale via terra, attraversando la provincia di Jimani.
Da Barahona veniva coordinato l’attracco di due cacciatorpedinieri dell’Armata della Repubblica Bolivariana del Venezuela il AB “CAPANA” T-61 e il AB ESEQUIBO T-62, con altri aiuti umanitari, medicinali e mezzi pesanti per liberare le frane e i crolli. Inoltre veniva prestata assistenza allo scarico degli aiuti trasportati dalla Motonave americana Cayo Largo e a quello di 4 gru, con contenitori da 40 piedi, destinati ad unità della Croce Rossa Dominicana, che stanno operando sui territori disastrati.
Il caccia di Altura PA-301 “Didiez Burgos”, orgoglio della flotta dominicana, salpava nel pomeriggio di giovedi 21-1-2010 alle 18:00 dal porto di Sans Souci (dov’è stato allestito un altro centro di raccolta e smistamento), carico di aiuti umanitari alla volta di Jacmel.
Nella nottre di sabato 23 salpava nuovamente il Patrullero Mediano “CAPOTILLO” PM-204, transportando 78.5 tonnellate di aiuti, tra provviste, due miscelatori di cemento, un’impianto di depurazione dell’acqua, generatori elettrici e serbatoi da 530 galloni d’acqua.
Il ponte marittimo allestito dalla Marina de Guerra da Cabo Rojo a Jacmel, che resterà attivo “fino a quando verrà ritenuto necessario..” (come riferisce un comunicato ufficiale dal comando delle operazioni)
ha reso possibile finora, in sole 10 missioni, il trasferimento rapido di 102 medici di 7 nazionalità ed oltre 267 tonnellate di alimenti, medicinali, acqua potabile e molti altri articoli di prima necessità, inclusi 84 serbatoi d’acqua potabile da 50 galloni l’uno donati dall’Instituto Nacional de Aguas Potable y Alcantarillados (INAPA).
Nell’intera operazione sono impegnati: una compagnia, un plotone e 8 squadre di Fanteria Marittima ed hanno partecipato, oltre alle sei unità già citate anche la lancia da sbarco Neyba, LD-31, il guardacoste PROCION¨ GC-103 e il Patrullero Mediano “TORTUGUERO” PM-203, che ha evacuato diversi cittadini stranieri e trasportato numerosi giornalisti. La “Mano Amiga” della tanto detestata (dagli hiatiani*) e confinante Dominicana, resta tesa comunque e sensibile ai bisogni più immediati. Del resto, "la mano de un amigo no pesa nunca", dice un vecchio proverbio latinoamericano. Chissà se quest’atto encomiabile, di generosa solidarietà ed efficienza militare, servirà un minimo a rimarginare vecchie ferite e storiche contese tra i due popoli “isolani” e fratelli ostili. La gente di Jacmel sicuramente non dimenticherà.
Jacmel: 12/16th Day
Sollievo, sicurezza, primi bilanci e serena, solidale operosità, di una comunità ferita in recupero.
Comunicazioni soddisfacenti anche con l’estero. Sala stampa improvvisata e media center nei pressi del campo d’aviazione, presso l’edificio della fondazione canadese KROS, dove alloggia anche l’unità di produzione news del Ciné Institute.
Campo d’aviazione e porto controllati dall’esercito canadese, che gestisce anche l’ospedale da campo montato all’inizio del molo d’imbarco di Jacmel. Elicotteri americani e un C130 riforniscono di aiuti e personale militare.
Finite le code ai distributori di benzina che comunque è aumentata del 30 per cento. Banche ancora chiuse, funziona solo qualche Western Union e un paio di uffici di cambio. Mercati tutti attivi, negozi quelli non danneggiati hanno riaperto. L’ospedale Saint Michel, visitato personalmente è fortemente lesionato in quasi tutti i suoi padiglioni e attualmente ospita una settantina di pazienti non gravissimi (tra cui una ventina di bambini), assistiti dall’equipe dei medici locali affiancati da quelli di MSF e da un’unità di 44 cubani, tra medici e assistenti, che non hanno voluto, per il momento, rilasciare dichiarazioni. Davanti all'ingresso una lunga fila quotidiana per ricevere medicinali e medicazioni. La piccola Elisabeth è stata dimessa e sta bene insieme ai familiari.
Rimane stazionario il bilancio delle vittime (meno di 400), diminuisce quello dei feriti (meno di mille) e senzatetto ; comunque il terreno dello stadio cittadino si è trasformato in una tendopoli surreale, ad “anarchia organizzata”, dove non mancano cibo (pentoloni di riso e fagioli neri*), assistenza, medicinali, illuminazione, musica, speranza e tanta solidarietà, per oltre 200 persone.. Jacmel respira, non si scava più e le macerie più ingombranti sono state rimosse, quelle dell’anima andranno ricomposte con maggiore cura e pazienza, “haitianamente…perseveranc e”.
A Jacmel gli aiuti arrivano dal mare, grazie alla “Marina de Guerra” della Repubblica Dominicana.
Molto poco si è parlato del lavoro preziosissimo, tempestivo e silenzioso svolto in in questa seconda settimana di terremoto, grazie al ponte marittimo istituito dalla Marina Dominicana tra i porti di Barahona, Cabo Rojo e Jacmel. Dal pomeriggio di lunedì 18 è partita l’operazione umanitaria “Mano Amiga”, coordinata personalmente dal Contrammiraglio Aquilino María Melo Comandante del Comando Navale Sud e dal Governatore della Provincia di Pedernales, Sr. Francisco Alberto Jiménez.
La prima unità a raggiungere Jacmel nel pomeriggio di lunedì 18 è stato il cacciatorpediniere “Patrullero Mediano Capotillo PM-204”, che ha scaricato 60 tonnellate di aiuti umanitari diversi, tra cui: acqua potabile, kit di sopravvivenza (red bags) per tutte le famiglie colpite dalla catastrofe e i primi 47 volontari giunti via mare, di cui 45 francesi e due cileni, molti dei quali appartenenti al Corpo dei Pompieri e al Corpo Mondiale di Soccorso Internazionale per Aiuti d’Emergenza, la cui missione è stata allestire un ospedale da campo e di primo soccorso per i feriti meno gravi. Poco dopo e nei giorni successivi giungevano altre unità 4 navali: il Cacciatorpediniere “Patrullero Mediano Capotillo” (PM-204), le tre fregate Guardiacoste Bellatrix, Canopus e Orion CC-106, (GC-107 e GC-109), insieme alla “Lancha Rápida” Atria LR-157 (motovedetta) che rispettivamente, avevano trasportato ben 93.5 tonnellate di aiuti umanitari in territorio haitiano. Gli equipaggi e il carico venivano ricevuti da rappresentanti di una ONG inglese, che si dedica agli aiuti per l’infanzia. Secondo le misurazioni fatte dalla Marina Dominicana, l’attracco di Jacmel presenta un pontile lungo circa 170 piedi (51,816 m.) con un fondale di circa 18 piedi (circa 5,5 m.) ed è risultato più che idoneo allo svolgimento delle operazioni di scarico e trasbordo.
Cabo Rojo, nella provincia di Pedernal, è il centro di coordinamento per gli aiuti da inviare a Jacmel. Il Viceammiraglio Homero Luis Lajara Solá (DEMN) Capo di Stato Maggiore della Marina da Guerra, vi ha stabilito il suo comando, da dove personalmente supervisiona tutti i movimenti marittimi (ricezioni e spedizioni) e il flusso di merci e generi di prima necessità destinati ad Haiti, (dalle banane al latte in polvere, riso e farine; dalla cioccolata ai biscotti, ai sanitari, etc.) in seno all’Operazione “Mano Amica”.
Nel frattempo, per via terrestre, veniva inviata una colonna di veicoli leggeri e pesanti, tra cui un’ambulanza attrezzata e un notevole quantitativo di medicinali. Nel Porto di Barahona infatti è stato allestito un altro coordinamento che permetta a unità navali di altre nazioni, di poter salpare direttamente per Jacmel e inviare aiuti verso la capitale via terra, attraversando la provincia di Jimani.
Da Barahona veniva coordinato l’attracco di due cacciatorpedinieri dell’Armata della Repubblica Bolivariana del Venezuela il AB “CAPANA” T-61 e il AB ESEQUIBO T-62, con altri aiuti umanitari, medicinali e mezzi pesanti per liberare le frane e i crolli. Inoltre veniva prestata assistenza allo scarico degli aiuti trasportati dalla Motonave americana Cayo Largo e a quello di 4 gru, con contenitori da 40 piedi, destinati ad unità della Croce Rossa Dominicana, che stanno operando sui territori disastrati.
Il caccia di Altura PA-301 “Didiez Burgos”, orgoglio della flotta dominicana, salpava nel pomeriggio di giovedi 21-1-2010 alle 18:00 dal porto di Sans Souci (dov’è stato allestito un altro centro di raccolta e smistamento), carico di aiuti umanitari alla volta di Jacmel.
Nella nottre di sabato 23 salpava nuovamente il Patrullero Mediano “CAPOTILLO” PM-204, transportando 78.5 tonnellate di aiuti, tra provviste, due miscelatori di cemento, un’impianto di depurazione dell’acqua, generatori elettrici e serbatoi da 530 galloni d’acqua.
Il ponte marittimo allestito dalla Marina de Guerra da Cabo Rojo a Jacmel, che resterà attivo “fino a quando verrà ritenuto necessario..” (come riferisce un comunicato ufficiale dal comando delle operazioni)
ha reso possibile finora, in sole 10 missioni, il trasferimento rapido di 102 medici di 7 nazionalità ed oltre 267 tonnellate di alimenti, medicinali, acqua potabile e molti altri articoli di prima necessità, inclusi 84 serbatoi d’acqua potabile da 50 galloni l’uno donati dall’Instituto Nacional de Aguas Potable y Alcantarillados (INAPA).
Nell’intera operazione sono impegnati: una compagnia, un plotone e 8 squadre di Fanteria Marittima ed hanno partecipato, oltre alle sei unità già citate anche la lancia da sbarco Neyba, LD-31, il guardacoste PROCION¨ GC-103 e il Patrullero Mediano “TORTUGUERO” PM-203, che ha evacuato diversi cittadini stranieri e trasportato numerosi giornalisti. La “Mano Amiga” della tanto detestata (dagli hiatiani*) e confinante Dominicana, resta tesa comunque e sensibile ai bisogni più immediati. Del resto, "la mano de un amigo no pesa nunca", dice un vecchio proverbio latinoamericano. Chissà se quest’atto encomiabile, di generosa solidarietà ed efficienza militare, servirà un minimo a rimarginare vecchie ferite e storiche contese tra i due popoli “isolani” e fratelli ostili. La gente di Jacmel sicuramente non dimenticherà.
Jacmel: 12/16th Day
Sollievo, sicurezza, primi bilanci e serena, solidale operosità, di una comunità ferita in recupero.
Comunicazioni soddisfacenti anche con l’estero. Sala stampa improvvisata e media center nei pressi del campo d’aviazione, presso l’edificio della fondazione canadese KROS, dove alloggia anche l’unità di produzione news del Ciné Institute.
Campo d’aviazione e porto controllati dall’esercito canadese, che gestisce anche l’ospedale da campo montato all’inizio del molo d’imbarco di Jacmel. Elicotteri americani e un C130 riforniscono di aiuti e personale militare.
Finite le code ai distributori di benzina che comunque è aumentata del 30 per cento. Banche ancora chiuse, funziona solo qualche Western Union e un paio di uffici di cambio. Mercati tutti attivi, negozi quelli non danneggiati hanno riaperto. L’ospedale Saint Michel, visitato personalmente è fortemente lesionato in quasi tutti i suoi padiglioni e attualmente ospita una settantina di pazienti non gravissimi (tra cui una ventina di bambini), assistiti dall’equipe dei medici locali affiancati da quelli di MSF e da un’unità di 44 cubani, tra medici e assistenti, che non hanno voluto, per il momento, rilasciare dichiarazioni. Davanti all'ingresso una lunga fila quotidiana per ricevere medicinali e medicazioni. La piccola Elisabeth è stata dimessa e sta bene insieme ai familiari.
Rimane stazionario il bilancio delle vittime (meno di 400), diminuisce quello dei feriti (meno di mille) e senzatetto ; comunque il terreno dello stadio cittadino si è trasformato in una tendopoli surreale, ad “anarchia organizzata”, dove non mancano cibo (pentoloni di riso e fagioli neri*), assistenza, medicinali, illuminazione, musica, speranza e tanta solidarietà, per oltre 200 persone.. Jacmel respira, non si scava più e le macerie più ingombranti sono state rimosse, quelle dell’anima andranno ricomposte con maggiore cura e pazienza, “haitianamente…perseveranc
lunedì 25 gennaio 2010
Checco e Luca intervistano Aristide
Ho trovato questo movimentato articolo di Checco che con la sua prosa staccata e concreta, ci racconta di quando nel 2003 lui e Luca del Re....
(da "corsaperhaiti.com)
(da "corsaperhaiti.com)
Testimonianza di Francesco Fantoli
Sono sei anni che mi occupo di Haiti dove in un continuo andirivieni ho passato almeno tre anni.
Vivo dunque tra Port au Prince e Roma, e come giornalista free-lance mi occupo principalmente di arte, sport e cultura.
Dall’ottobre del 2003 ho tentato di convincere una qualsiasi tv italiana di approfittare dell’occasione dei 200 anni di indipendenza di Haiti per rompere quella che appare come una vera e propria “congiura del silenzio”.
Dopo mille sforzi il giornalista Luca del Re de La 7 riesce a convincere i suoi capi e mi raggiunge a Port au Prince il 28 di dicembre per realizzare un approfondito documentario.
Ha otto giorni a disposizione, lo accolgo all’aeroporto dove arriva via Miami su Air France, accompagnato dal cameraman Marco Angelini.
Sono stanchi e contrariati dalla perdita di un bagaglio con tutti gli effetti personali.
Ci abbracciamo comunque felici, essere ad Haiti é per noi una grande vittoria, una scommessa vinta.
Nei giorni precedenti avevo preparato un piano di lavoro serratissimo, quattro interviste al giorno e varie manifestazioni da seguire.
In un appartamento affittato stabiliamo il nostro “quartier generale” sistemiamo i computer, i carica batterie per le tre telecamere,i quattro cellulari, le luci ed i cavalletti.
Del Re pone un primo obbiettivo imprescindibile: intervistare il presidente Jean Bertrand Aristid.
Leggiamo le ultime news su internet, il Paese é sconvolto da Nord a Sud da manifestazioni di protesta, scontri e sopratutto assassini politici.
Le manifestazioni commemorative del 1 gennaio 2004 sono a rischio e dei tantissimi capi di Stato attesi sembra non esserci nessuna conferma.
Nemmeno da parte di Fidel Castro ed Hyppolito Meija che sono i due stati confinanti, Cuba e Repubblica Dominicana.
Partiamo subito per le prime interviste, i giornalisti Clarens Renois curatore del sito internet Haitipressenetwork, e Levanti da trent’anni corrispondente di France Presse ad Haiti.
Nel frattempo, con ossessiva determinazione, tempestiamo di telefonate il ministro dell’informazione Mario Dupuy, passaggio obbligato per l’intervista ad Aristide.
Il tipo prende tempo, e comunque ci dice che, se sarà possibile, lo sarà solo dopo le manifestazioni del 1 gennaio.
Il pomeriggio siamo all’Università dove gli studenti hanno organizzato un meeting di protesta contro le ultime violenze degli “Chimer” i corpi paramilitari che seminano il terrore in nome del Presidente.
Attraversiamo la città in lungo e largo, e restiamo sconvolti dallo stato delle strade, piene di buche enormi, e dall’incredibile miseria.
C’é mondezza accatastata ovunque, interi quartieri senza luce, bambini disperati si aggrappano ai vetri della nostra automobile chiedendo una moneta.
Tutti fanno evidenti cenni di aver fame.
La prima sera ci ritiriamo stanchissimi e sorpresi, sapevamo della drammaticità della situazione, ma toccarla con mano fà un’altro effetto.
Il 29 mattina andiamo a trovare la missionaria italiana Suor Anna, ci accoglie cordialmente, anche lei che ne ha viste di tutti i colori in trent’anni di durissimo lavoro, ci appare molto preoccupata. Racconta che i suoi bambini non ci sono per via delle vacanze natalizie, ma il quartiere circostante alla Missione, la Cité Militaire, é funestato da continui assassini di oppositori al regime. Ci colpisce la sua serena determinazione a non mollare.
Il pomeriggio andiamo dal Prof. Pap, che da dieci anni guida la lotta all’Aids nel Paese, appare anche lui preoccupatissimo per le incertezze politiche ed i conseguenti rallentamenti degli aiuti umanitari: in sostanza riesce a seguire il 10% dei casi, per gli altri c’é solo la certezza di una morte atroce.
A sera restiamo imbottigliati in un caos indescrivibile, la città é sconvolta da una manifestazione dove si contano vari morti, ovunque barricate, auto bruciate e danneggiamenti.
A casa riordiniamo le idee, siamo all’antivigilia delle celebrazioni del bicentenario dell’Indipendenza, e non riusciamo a capire come si possa festeggiare qualcosa di cosi importante in quelle condizioni.
In giardino notiamo un ragazzo impaurito, é il nipote della donna di servizio, dice che lo vogliono uccidere, che sei suoi amici sono già stati uccisi, e chiede di poter dormire da noi.
Lo ospitiamo.
Il 30 mattina intervistiamo il Nunzio Apostolico, Mons. Bonazzi, un’italiano qui da tre anni.
Sembra anche lui scoraggiato, da quando é ad Haiti tenta in ogni maniera di avvicinare l’opposizione ed il Presidente, ma i risultati sono pessimi, delusione ed amarezza si mescolano nelle sue parole.
C’é però una sua frase che ci colpisce profondamente: “degli haitiani ho una grande ammirazione, ammiro il loro coraggio di vivere, in queste condizioni non sò come tanti di loro riescono a resistere alla tentazione del suicidio!”
Il pomeriggio, grazie agli uffici di Mons. Bonazzi, incontriamo il capo dell’opposizione, André Apaid, uno dei pochi imprenditori rimasti nel Paese.
La sua lussuosissima villa é una fortezza, varie guardie private armate pesantemente controllano i nostri bagagli.
Apaid e la sua famiglia sono da sempre ai margini della politica, qui gli industriali hanno sempre fatto i loro interessi appoggiando di volta in volta vari Governi, ma adesso il suo senso di civiltà pare aver preso il posto all’interessata indifferenza.
“Da quando sono sceso in campo la mia vita é in pericolo, subisco continue intimidazioni, ma sono pronto ad andare avanti, Arisid deve andarsene!” sono le sue ultime parole.
Il 31 raggiungiamo il quartier generale approntato dal Governo per la stampa internazionale, incontriamo i nostri colleghi sopratutto americani, canadesi, giapponesi e francesi.
Ci danno un tesserino stampa, ma la disorganizzazione é tale che solo fare le fotografie prende molte ore.
Veniamo avvisati che il Governo ha previsto per noi un pullman che ci condurrà il 1 gennaio all’alba a Gonaive, la città a 100 chilometri dalla capitale, dove effettivamente fu proclamata l’Indipendenza di Haiti, e dove é previsto un comizio di Aristid.
Tutti noi siamo al corrente della insurrezione armata in atto in quella città da circa due anni, e molti preferiscono non avventurarsi.
Decidiamo di dividerci, Del Re con una telecamera segue le manifestazioni al Palazzo Nazionale di Port au Prince, Marco, il cameraman ed io, partiamo per Gonaive.
Il viaggio é faticoso, la strada in terra battuta é piena di buche, il vecchio pullman vibra pericolosamente.
Arriviamo alle 10 della mattina, saremo una quarantina in maggioranza giornalisti haitiani vicini al Governo, all’alba eravamo passati all’aeroporto internazionale ad accogliere i due soli capi di Stato presenti ad Haiti: quello del Sud Africa e quello del Benin.
Gonaive ci appare deserta, nessuno per strada tranne molta polizia.
La grande piazza centrale allestita con un palco imponente é deserta.
Aristid é atteso alle 11, in elicottero, ma fino all’una non si vede nessuno.
Delle migliaia di persone previste sono radunati poche centinaia di sostenitori del Presidente, evidentemente attivisti politici o funzionari dello Stato.
Cominciano a ronzare alcuni elicotteri in cielo ed ascoltiamo distintamente qualche colpo di mitra.
Poi più nulla per mezzora, mentre un gruppo musicale cerca di riscaldare i presenti, molti dei quali già pesantemente ubriachi.
All’una e quaranta atterra l’elicottero con Aristid.
Sale sul palco circondato da un nugolo di enormi militari bianchi, sapremo poi che sono Sud Africani, alcuni di loro hanno dei doberman al guinzaglio!
Il discorso dura appena 5 minuti, Aristd saluta soddisfatto,dopodiché c’é un generale fuggi fuggi, mentre dai quartieri circostanti si levano minacciosi colpi di arma da fuoco.
Marco ed io ci attardiamo a filmare il Presidente in fuga, e quando raggiungiamo il parcheggio, del pullman e dei colleghi giornalisti non c’é più traccia.
Ci ritroviamo soli a Gonaive mentre da ogni parte aumentavano gli spari.
Impauriti ci sdraiamo sotto una macchina dove restiamo qualche minuto, poi una donna dall’uscio di casa ci fà cenno di ripararci da lei.
La gentilissima donna é impaurita, non capisce cosa due bianchi siano venuti a fare a Gonaive, qui, ci dice, c’é solo “ampil misere” tanta miseria in creolo.
Dopo una mezz’ora gli spari diminuiscono, usciamo per strada e blocchiamo la prima auto che passa.
Ci porterà a Port au Prince il terrorizzato autista, un deputato del Governo anch’egli rimasto impigliato a Gonaive nel dopo comizio.
Lungo il tragitto teniamo la testa bassa, si ascoltano ancora degli spari e la paura non diminuisce.
La sera a casa cerchiamo di riprenderci bevendo del rhum, anche se i brindisi per l’anno nuovo ci appaiono fuori luogo, dormiamo poco e male e all’alba siamo già tutti al lavoro.
Andiamo ad intervistare i leader degli studenti in lotta, poi a visitare la Tv di Stato dove ci raggiunge una telefonata: il Presidente ci aspetta a Palazzo alle 6 della sera per l’intervista.
La scena é surreale, il Palazzo é addobbato a festa, bandierine ovunque, un’enorme addetto in completo crema ci avvisa che prima assisteremo ad uno spettacolo offerto dal Re del Benin, poi ci sarà l’intervista.
In una sala enorme alla presenza di circa trecento poliziotti, arriva Aristid con il pittoresco monarca del Benin, e partono le danze del Balletto Nazionale del Benin.
Saranno quasi due ore di vudu estremo, roba da antropologi, restiamo assolutamente sorpresi dal clima allegro e festoso, Aristide invitato da una ballerina accenna addirittura dei passi di danza tribale.
Quasi a mezzanotte, dopo un ricco buffet, Aristid ci riceve e Luca attacca l’intervista che sarà di 26 minuti.
Arstid dichiara che và tutto bene, tranne gli stranieri che parlano male di Haiti, che lui non ha nemici e quelli che manifestano sono solo la dimostrazione di quanto lui sia democratico.
Ci saluta parlando di amore, concordia e pace!
Il nostro ritorno a Roma é brusco, siamo a casa nostra, abbiamo fatto molto negli ultimi otto giorni, ma dire di averci capito qualcosa ci pare presuntuoso.
Il documentario darà appunto la parola ai tanti interlocutori incontrati, evitando di fare commenti.
domenica 24 gennaio 2010
Assassinio Checco: erano falsi i dollari?
Ho trovato per caso questo articolo sulla morte di Checco e delle ripercusioni che ha avuto in Haiti.bla bla..
Nei commenti, pero', ho notato un post che mi ha fatto riflettere sulle circostanze della morte di Checco; una persona dice di aver subito lo stesso tipo di attacco, E CHE ERA DOVUTO AD IMPIEGATI DELLA BANCA CHE COORDINAVANO GLI ASSALTI, e che spesso le BANCHE DAVANO DOLLARI FALSI AI CLIENTI!
Infatti lo strano e' che a Checco non hanno tolto i soldi.
Mi viene da sospettare ad esempio, che gli rifilano i soldi falsi e poi lo fanno uccidere per nascondere la truffa?
Ma allora perche' lasciare la' i biglietti?
Un altro lettore butta' la' che il fatto di non aver preso i soldi signfica che era un regolamento di conti: ma allora perche' lasciare i soldi e non approfittarne?
Un altr lettore, HAROLO, dice di sfuggita che l'ha visto per terra a DELMAS 60
Le possibilita' sono tre:
Nei commenti, pero', ho notato un post che mi ha fatto riflettere sulle circostanze della morte di Checco; una persona dice di aver subito lo stesso tipo di attacco, E CHE ERA DOVUTO AD IMPIEGATI DELLA BANCA CHE COORDINAVANO GLI ASSALTI, e che spesso le BANCHE DAVANO DOLLARI FALSI AI CLIENTI!
Infatti lo strano e' che a Checco non hanno tolto i soldi.
Mi viene da sospettare ad esempio, che gli rifilano i soldi falsi e poi lo fanno uccidere per nascondere la truffa?
Ma allora perche' lasciare la' i biglietti?
Un altro lettore butta' la' che il fatto di non aver preso i soldi signfica che era un regolamento di conti: ma allora perche' lasciare i soldi e non approfittarne?
Un altr lettore, HAROLO, dice di sfuggita che l'ha visto per terra a DELMAS 60
Le possibilita' sono tre:
- o che Checco avesse nascosto i soldi, e non li abbiano trovati, e per questo hanno sparato
- o che i soldi non avessero valore e sapevano che erano falsi
- o che lui abbia riconoscito l'assassino, e che spaventato, lo abbia ucciso
Dunque, ci sono alcune domande alle quali cercare risposta:
- dove sono stati ritrovati i soldi?
- e' possibile che gli assassini li abbiano cercati e non trovati?
- ma soprattutto: I DOLLARI ERANO FALSI?
Iscriviti a:
Post (Atom)