lunedì 25 gennaio 2010

Checco e Luca intervistano Aristide

Ho trovato questo movimentato articolo di Checco che con la sua prosa staccata e concreta,  ci racconta di quando nel 2003  lui e Luca del Re....
(da "corsaperhaiti.com)
Testimonianza di Francesco Fantoli

Sono sei anni che mi occupo di Haiti dove in un continuo andirivieni ho passato almeno tre anni.

Vivo dunque tra Port au Prince e Roma, e come giornalista free-lance mi occupo principalmente di arte, sport e cultura.

Dall’ottobre del 2003 ho tentato di convincere una qualsiasi tv italiana di approfittare dell’occasione dei 200 anni di indipendenza di Haiti per rompere quella che appare come una vera e propria “congiura del silenzio”.

Dopo mille sforzi il giornalista Luca del Re de La 7 riesce a convincere i suoi capi e mi raggiunge a Port au Prince il 28 di dicembre per realizzare un approfondito documentario.

Ha otto giorni a disposizione, lo accolgo all’aeroporto dove arriva via Miami su Air France, accompagnato dal cameraman Marco Angelini.

Sono stanchi e contrariati dalla perdita di un bagaglio con tutti gli effetti personali.

Ci abbracciamo comunque felici, essere ad Haiti é per noi una grande vittoria, una scommessa vinta.

Nei giorni precedenti avevo preparato un piano di lavoro serratissimo, quattro interviste al giorno e varie manifestazioni da seguire.

In un appartamento affittato stabiliamo il nostro “quartier generale” sistemiamo i computer, i carica batterie per le tre telecamere,i quattro cellulari, le luci ed i cavalletti.

Del Re pone un primo obbiettivo imprescindibile: intervistare il presidente Jean Bertrand Aristid.

Leggiamo le ultime news su internet, il Paese é sconvolto da Nord a Sud da manifestazioni di protesta, scontri e sopratutto assassini politici.

Le manifestazioni commemorative del 1 gennaio 2004 sono a rischio e dei tantissimi capi di Stato attesi sembra non esserci nessuna conferma.

Nemmeno da parte di Fidel Castro ed Hyppolito Meija che sono i due stati confinanti, Cuba e Repubblica Dominicana.

Partiamo subito per le prime interviste, i giornalisti Clarens Renois curatore del sito internet Haitipressenetwork, e Levanti da trent’anni corrispondente di France Presse ad Haiti.

Nel frattempo, con ossessiva determinazione, tempestiamo di telefonate il ministro dell’informazione Mario Dupuy, passaggio obbligato per l’intervista ad Aristide.

Il tipo prende tempo, e comunque ci dice che, se sarà possibile, lo sarà solo dopo le manifestazioni del 1 gennaio.

Il pomeriggio siamo all’Università dove gli studenti hanno organizzato un meeting di protesta contro le ultime violenze degli “Chimer” i corpi paramilitari che seminano il terrore in nome del Presidente.

Attraversiamo la città in lungo e largo, e restiamo sconvolti dallo stato delle strade, piene di buche enormi, e dall’incredibile miseria.

C’é mondezza accatastata ovunque, interi quartieri senza luce, bambini disperati si aggrappano ai vetri della nostra automobile chiedendo una moneta.

Tutti fanno evidenti cenni di aver fame.

La prima sera ci ritiriamo stanchissimi e sorpresi, sapevamo della drammaticità della situazione, ma toccarla con mano fà un’altro effetto.

Il 29 mattina andiamo a trovare la missionaria italiana Suor Anna, ci accoglie cordialmente, anche lei che ne ha viste di tutti i colori in trent’anni di durissimo lavoro, ci appare molto preoccupata. Racconta che i suoi bambini non ci sono per via delle vacanze natalizie, ma il quartiere circostante alla Missione, la Cité Militaire, é funestato da continui assassini di oppositori al regime. Ci colpisce la sua serena determinazione a non mollare.

Il pomeriggio andiamo dal Prof. Pap, che da dieci anni guida la lotta all’Aids nel Paese, appare anche lui preoccupatissimo per le incertezze politiche ed i conseguenti rallentamenti degli aiuti umanitari: in sostanza riesce a seguire il 10% dei casi, per gli altri c’é solo la certezza di una morte atroce.

A sera restiamo imbottigliati in un caos indescrivibile, la città é sconvolta da una manifestazione dove si contano vari morti, ovunque barricate, auto bruciate e danneggiamenti.

A casa riordiniamo le idee, siamo all’antivigilia delle celebrazioni del bicentenario dell’Indipendenza, e non riusciamo a capire come si possa festeggiare qualcosa di cosi importante in quelle condizioni.

In giardino notiamo un ragazzo impaurito, é il nipote della donna di servizio, dice che lo vogliono uccidere, che sei suoi amici sono già stati uccisi, e chiede di poter dormire da noi.

Lo ospitiamo.

Il 30 mattina intervistiamo il Nunzio Apostolico, Mons. Bonazzi, un’italiano qui da tre anni.

Sembra anche lui scoraggiato, da quando é ad Haiti tenta in ogni maniera di avvicinare l’opposizione ed il Presidente, ma i risultati sono pessimi, delusione ed amarezza si mescolano nelle sue parole.

C’é però una sua frase che ci colpisce profondamente: “degli haitiani ho una grande ammirazione, ammiro il loro coraggio di vivere, in queste condizioni non sò come tanti di loro riescono a resistere alla tentazione del suicidio!”

Il pomeriggio, grazie agli uffici di Mons. Bonazzi, incontriamo il capo dell’opposizione, André Apaid, uno dei pochi imprenditori rimasti nel Paese.

La sua lussuosissima villa é una fortezza, varie guardie private armate pesantemente controllano i nostri bagagli.

Apaid e la sua famiglia sono da sempre ai margini della politica, qui gli industriali hanno sempre fatto i loro interessi appoggiando di volta in volta vari Governi, ma adesso il suo senso di civiltà pare aver preso il posto all’interessata indifferenza.

“Da quando sono sceso in campo la mia vita é in pericolo, subisco continue intimidazioni, ma sono pronto ad andare avanti, Arisid deve andarsene!” sono le sue ultime parole.

Il 31 raggiungiamo il quartier generale approntato dal Governo per la stampa internazionale, incontriamo i nostri colleghi sopratutto americani, canadesi, giapponesi e francesi.

Ci danno un tesserino stampa, ma la disorganizzazione é tale che solo fare le fotografie prende molte ore.

Veniamo avvisati che il Governo ha previsto per noi un pullman che ci condurrà il 1 gennaio all’alba a Gonaive, la città a 100 chilometri dalla capitale, dove effettivamente fu proclamata l’Indipendenza di Haiti, e dove é previsto un comizio di Aristid.

Tutti noi siamo al corrente della insurrezione armata in atto in quella città da circa due anni, e molti preferiscono non avventurarsi.

Decidiamo di dividerci, Del Re con una telecamera segue le manifestazioni al Palazzo Nazionale di Port au Prince, Marco, il cameraman ed io, partiamo per Gonaive.

Il viaggio é faticoso, la strada in terra battuta é piena di buche, il vecchio pullman vibra pericolosamente.

Arriviamo alle 10 della mattina, saremo una quarantina in maggioranza giornalisti haitiani vicini al Governo, all’alba eravamo passati all’aeroporto internazionale ad accogliere i due soli capi di Stato presenti ad Haiti: quello del Sud Africa e quello del Benin.

Gonaive ci appare deserta, nessuno per strada tranne molta polizia.

La grande piazza centrale allestita con un palco imponente é deserta.

Aristid é atteso alle 11, in elicottero, ma fino all’una non si vede nessuno.

Delle migliaia di persone previste sono radunati poche centinaia di sostenitori del Presidente, evidentemente attivisti politici o funzionari dello Stato.

Cominciano a ronzare alcuni elicotteri in cielo ed ascoltiamo distintamente qualche colpo di mitra.

Poi più nulla per mezzora, mentre un gruppo musicale cerca di riscaldare i presenti, molti dei quali già pesantemente ubriachi.

All’una e quaranta atterra l’elicottero con Aristid.

Sale sul palco circondato da un nugolo di enormi militari bianchi, sapremo poi che sono Sud Africani, alcuni di loro hanno dei doberman al guinzaglio!

Il discorso dura appena 5 minuti, Aristd saluta soddisfatto,dopodiché c’é un generale fuggi fuggi, mentre dai quartieri circostanti si levano minacciosi colpi di arma da fuoco.

Marco ed io ci attardiamo a filmare il Presidente in fuga, e quando raggiungiamo il parcheggio, del pullman e dei colleghi giornalisti non c’é più traccia.

Ci ritroviamo soli a Gonaive mentre da ogni parte aumentavano gli spari.

Impauriti ci sdraiamo sotto una macchina dove restiamo qualche minuto, poi una donna dall’uscio di casa ci fà cenno di ripararci da lei.

La gentilissima donna é impaurita, non capisce cosa due bianchi siano venuti a fare a Gonaive, qui, ci dice, c’é solo “ampil misere” tanta miseria in creolo.

Dopo una mezz’ora gli spari diminuiscono, usciamo per strada e blocchiamo la prima auto che passa.

Ci porterà a Port au Prince il terrorizzato autista, un deputato del Governo anch’egli rimasto impigliato a Gonaive nel dopo comizio.

Lungo il tragitto teniamo la testa bassa, si ascoltano ancora degli spari e la paura non diminuisce.

La sera a casa cerchiamo di riprenderci bevendo del rhum, anche se i brindisi per l’anno nuovo ci appaiono fuori luogo, dormiamo poco e male e all’alba siamo già tutti al lavoro.

Andiamo ad intervistare i leader degli studenti in lotta, poi a visitare la Tv di Stato dove ci raggiunge una telefonata: il Presidente ci aspetta a Palazzo alle 6 della sera per l’intervista.

La scena é surreale, il Palazzo é addobbato a festa, bandierine ovunque, un’enorme addetto in completo crema ci avvisa che prima assisteremo ad uno spettacolo offerto dal Re del Benin, poi ci sarà l’intervista.

In una sala enorme alla presenza di circa trecento poliziotti, arriva Aristid con il pittoresco monarca del Benin, e partono le danze del Balletto Nazionale del Benin.

Saranno quasi due ore di vudu estremo, roba da antropologi, restiamo assolutamente sorpresi dal clima allegro e festoso, Aristide invitato da una ballerina accenna addirittura dei passi di danza tribale.

Quasi a mezzanotte, dopo un ricco buffet, Aristid ci riceve e Luca attacca l’intervista che sarà di 26 minuti.

Arstid dichiara che và tutto bene, tranne gli stranieri che parlano male di Haiti, che lui non ha nemici e quelli che manifestano sono solo la dimostrazione di quanto lui sia democratico.

Ci saluta parlando di amore, concordia e pace!

Il nostro ritorno a Roma é brusco, siamo a casa nostra, abbiamo fatto molto negli ultimi otto giorni, ma dire di averci capito qualcosa ci pare presuntuoso.

Il documentario darà appunto la parola ai tanti interlocutori incontrati, evitando di fare commenti.